La cannabis, come gran parte delle piante esistenti in natura, si presenta in maniera diversa a seconda dello strain dell’esemplare, cioè la varietà.
Proprio come con l’uva, dove tipologie di vite diverse producono vini con caratteristiche, gusti e gradazione alcolica diversa, i diversi strain si manifestano con cime di colori, gusti, proprietà ed effetti diversi.
Lo stesso discorso vale per la coltivazione: ogni varietà richiede cure ad hoc.
Per questo conoscere i ceppi e gli strain che ne derivano è fondamentale per la scelta sia del prodotto finito che dei semi.
Tutte le piante di cannabis terapeutica sono riconducibili a quattro distinte categorie: indica, sativa, afghanica e ruderalis; dal loro incrocio sono nate le migliaia di tipologie disponibili oggi sul mercato, ma ciò nonostante ognuna di esse conserva le caratteristiche proprie della sua famiglia, essendoci molto spesso una percentuale preponderante. (Es: 70% indica, 30%sativa)
Nel caso in cui ci si trovi di fronte uno strain perfettamente bilanciato, sarà la stessa pianta a ‘comportarsi’ secondo i tratti tipici del suo ceppo, facilmente riconoscibili.
Generalmente il carattere sativa è recessivo rispetto a quello indica, come nel caso della white widow, strain tra i più famosi che, pur essendo circa 50-50, si comporta nella maggior parte dei casi come un’indica.
Quale strain scegliere quindi?
Una deliziosa cima di White Widow
La Cannabis Indica è certamente preferibile per coltivatori principianti ma ugualmente apprezzata dai più esperti: si creda provenga dalla catena montuosa hindu kush, zona di temperature rigide e alluvioni mensili.
L’indica si sviluppa in piante di dimensioni ridotte, compatte, cespugliose; le radici sono anch’esse compatte, spesse e non troppo lunghe, come d’altronde sono anche le carnose foglie cicciottelle dal tipico verde intenso, scuro, a volte tendente al viola o al rosso.
Le infiorescenze sono, come si poteva immaginare, compatte, generalmente sferiche o piramidali, quasi dure, generalmente chiare.
Cariche di resina e polline, il contenuto di CBD e THC è molto alto e gli esemplari più potenti sono rinomati per il loro effetto rilassante e ansiolitico (stone).
Le varietà di tipo indica sono facilmente riconoscibili per via del fogliame molto compatto, quasi simile a una foglia di acero. La fioritura completa è nettamente più rapida rispetto a quelle delle altre famiglie, per questo motivo il rischio di complicazioni per la pianta è molto più ridotto.
Una pianta di tipo Indica.
La Cannabis Sativa è invece proveniente dall’Asia, dalle Americhe e dall’Africa, cioè zone climatiche tropicali: il tronco centrale si sviluppa principalmente in altezza e può essere alto anche cinque metri.
Impiega diverse settimane, se non mesi, in più delle indica per giungere a maturazione e spesso, se coltivata in indoor, può dare complicazioni legate a questi aspetti: se non curate a dovere le piante crescono a dismisura, oltrepassando di molto i limiti della grow box o della grow room; il crescere vorticoso fa perdere resistenza alla pianta, rendendola facile bersaglio di parassiti e malattie.
Si raccomanda per la coltivazione delle sativa una discreta esperienza in materia.
Gli internodi sono molto distanziati tra loro, a volte apparentemente esili.
Le foglie sono lunghe, molto fine e allungate. Le singole parti della foglia sono ben separate tra loro, comunque molto più rade rispetto a una indica.
Le radici sono ugualmente fine, lunghe, tendenti a svilupparsi in larghezza più che in profondità.
I fiori sono spesso ariosi, quasi filamentosi: molto allungati e dal tipico odore pungente.
Produce un effetto eccitante, energizzante, definito high.
Per questo consigliamo la coltivazione delle piante sativa in esterna, potendo approfittare di ambienti molto soleggiati, ampi, possibilmente travasate direttamente, a una distanza di almeno un metro e mezzo l’una dall’altra.
Anche l’illuminazione, in indoor, può essere complicata dalla sua struttura alta e stretta rendendo difficile l’illuminazione dei fiori più bassi.
Nonostante la canapa industriale, che di fatto contiene una quantità prossima allo zero di THC, appartenga alla famiglia delle sativa, gran parte delle piante di tipo sativa contiene un’alta percentuale di THC e CBD.
Una foglia di Sativa
La Cannabis Afghanica è invece una categoria discussa e non sempre riconosciuta: molti breeders (produttori di semi) considerano questa varietà come appartenente alla cannabis indica, mentre altri credono abbia caratteristiche a sé, effettivamente riscontrabili nei suoi caratteri distintivi.
Si tratta di una pianta piuttosto bassa, che può arrivare al massimo a un metro e ottanta di altezza, proveniente dalla zona dell’odierno Afghanistan.
Le foglie sono larghe, estese, ampie, anch’esse verdi molto scure. Ricorda in tutto una indica standard, tranne che per una particolarità: le infiorescenze, dai pistilli segnatamente biancastri, producono una altissima quantità di resina.
Vengono perciò utilizzate principalmente per la produzione di hashish ed estrazioni, come ad esempio il famosissimo Charas nepalese.
Infine la Cannabis Ruderalis è una varietà solo recentemente utilizzata per la coltivazione di cannabis a scopo terapeutico e ricreativo. Non contiene infatti tracce di THC e si sviluppa quasi come fosse un bonsai.
Quando pura arriva difficilmente al metro di altezza, ma con una particolarità: la cannabis ruderalis non passa dalla fase vegetativa a quella di fioritura per via del cambiamento delle ore di luce, ma in maniera innata.
A poche settimane dalla sua germinazione la fase di fioritura e vegetativa vengono a coincidere, sviluppandosi simultaneamente.
Dai suoi incroci con gli altri strains sono nate le autofiorenti: piante commercializzate pochi anni fa e ancora in grande evoluzione, possono avere dei cicli di luce di 18 ore (anche 24) stabili fino al giorno del raccolto.
Non viene quindi coltivata per fini ludici o terapeutici, ma esclusivamente incrociata ad altri strains, per ora piuttosto instabili.
La scelta dei semi è perciò fondamentale: considerare esperienza, attrezzature, tempo e spazio disponibili sono le linee guida da tenere a mente.
Un bell’esemplare di Autofiorente in fioritura.
Se si dispone di spazi limitati e si è alla prima esperienza sarà sicuramente più indicato orientarsi verso una pianta di tipo indica. Viceversa, se si è sicuri di saperle tenere sotto controllo, o se si ha la fortuna di poter coltivare in outdoor, sarà sicuramente divertente cimentarsi con una sativa, sfida molto più complessa ma allo stesso tempo fonte di enormi soddisfazioni.
Senza scendere in distinzioni troppo dettagliate riguardanti il mondo dei breeders, come ad esempio le sottocategorie F1, F2, F3 etc., corrispondenti ai vari fenotipi, basterà sapere che all’interno del seme sono contenute tutte le informazioni genetiche necessarie allo sviluppo della pianta.
Bisogna però ricordare sempre che le piante sono esseri viventi e, come tutti gli esseri viventi, ognuno è diverso dall’altro, anche se della stessa specie.